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Archive for settembre 2011

Masturbazione musicale.

Non c’ho mai provato eppure è una spirale di sensazioni che fottono e mi fottono continuamente, esplosive inarrestabili tanto quanto il potere di questo pezzo: voglio ascendere, aspirare, sospirare e tentare di ritrovare la linea di galleggiamento eppure ho solo pochi minuti. Devo inseguire il ritmo, cercarne l’intreccio e scoprirmi nudo di fronte alla potenza di ogni musica e di questa ancor di più. Un inno alla ribellione verso la passività e la solitudine, sputi alla paura,graffi in faccia al dissesto che mi cammina dentro, crescendo di inarrivabili vette di continua commozione. Vorrei i Maybeshewill dietro ad ogni mia frase, negli anfratti di ogni pensiero partorito diversamente da come lo immagino, a fianco dei sorrisi più trasparenti e nelle ore scure. Non ho alcun potere, e nessuno riuscirà a leggere la potenza di urla che straziano il silenzio della mia timidezza mentre gorgoglio per tentare di respirare. Ci si può provare magari, si può alzare la voce pensando che sia soltanto la decisione con la quale si formulano i pensieri a garantirne un arrivo certo, e non la sottile penetrante incoscienza dei sussurri… stronzate stronzate stronzate, non è l’intensità a decretare il mio trionfo che non arriva, soltanto la voglia di non restare muti mi potrebbe salvare.

Eppure, eppure sto protraendo un silenzio che mi tortura, momento dopo momento: non ho ciò che vorrei e non voglio ciò che potrei avere. Mi faccio schifo. Ma questa canzone è magia.

 

Ah, non era chiaro?

 

Soundtrack – He Films The Clouds pt.2

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“L’abbraccio analfabeta”

Quando uno non ha abbracciato nessuno
da giovane, per anni, per decenni,
perché bloccato, per l’educazione,
per timidezza, per la solitudine,
perché in famiglia non si usa o per altri
motivi, quando finalmente abbraccia
– perché, a un’età qualsiasi, succede
che si sciolgano i nodi – allora lui
mentre abbraccia, è come i sordomuti
quando imparano col metodo vocale:
fanno vibrare le corde e ci contano
di emettere quel suono, ma non è che lo sentono:
guardano l’altro e se l’altro ha capito
sono felici: ci sono riusciti,
con l’impegno e il puntiglio, a fare il suono.

Così l’analfabeta degli abbracci,
quando finalmente si decide,
non ha gesti spontanei, studia come
muovere il braccio, la spalla, come stringere
di più o di meno, è stupito e impaurito
– benché felice – del contatto del corpo
sul corpo. È felice, è più felice di altri
che hanno sempre abbracciato, fin da piccoli:
è felice, è una conquista: ma recita
l’abbraccio, è in ansia che gli venga bene,
in pratica lo mette in scena, e gli altri
se ne accorgono, a volte se ne accorgono
e credono che sia un abbraccio finto:
invece è il più felice degli abbracci:
lui ci è arrivato per strade difficili
e quasi piange mentre riesce a fare
ciò che per altri è una cosa normale.

Se incontri uno così, devi capire
che non è finto, è il più vero dei veri:
lui finge ciò che veramente fa
perché non lo sa fare senza fingere:
è un po’ come il poeta di Pessoa,
ma è così vero che dopo l’abbraccio
riuscirebbe a volare per la gioia:
però nessuno se ne accorge mai
perché, come l’abbraccio, anche lo sguardo
e gli altri gesti sono troppo incerti,
sgrammaticati, come di straniero,
e si resta perplessi, diffidenti.

Sono persone che fanno fatica
nelle cose più semplici, che mai
ti aspetteresti. Poi da soli in casa
cantano, ridono, scrivono versi.

{Carlo Molinaro}

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Tu lo sai…

l’innegabile potere che tu hai su di me…

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Tu, mio

Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino ma non troppo, ci si innamora da un angolo un poco in disparte, in una stanza presso una tavolata, seduto in un giardino dove gli altri ballano.

Erri de Luca

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Shake It Out

Soundtrack: Circadian Eyes – “Goodbye”

Continuo ad ingurgitare lo stesso pensiero che scalcia e vacilla e scompare e ritorna ad assillarmi, uguale a sé stesso come instancabile picchio destinato ad avere il sopravvento su di me. Non me ne frega niente di questo adorabile jingle del cazzo dei Circadian Eyes, sta quasi riuscendo a farmi appassionare alla bellezza del pezzo e portandomi a distogliere l’attenzione dal verme che mi rode dal di dentro…Vivo un periodo di soverchianti interrogativi senza uscita, leggo sentori di disperazione nei tentativi di aiuto da parte di chi -certamente- mi vuole bene, e non scorgo progressi nelle mie azioni quotidiane: dovrei migliorare, reagire, andare avanti, ma rimango ancorato alle mezze frasi di sessualità repressa che mi ha tirato addosso quasi volesse dare ad esse un peso immenso & che neanche lei riusciva a quantificare, rosa com’è continuata a essere dall’abitudinarietà del nostro rapporto che, stupido & imballato & inumano, non poteva concedersi neanche il Desiderio come picco da raggiungere dopo un ricongiugimento tanto fugace quanto intenso. Se solo in ogni possibile attimo avessi osato di più, se solo avessi prodotto un centesimo delle carezze che avrei potuto recapitare, se solo mi fossi spinto a portare a compimento un abbraccio ogni mille secondi di sorrisi procurati, chissà che ora non avrei un cazzo ed una mente sollazzati soddisfatti e sonnecchianti per lo sforzo. I “se” sono ciò che mi ancora all’impossibilità di rendere le prese di coscienza fattive, dovrei disattivare ogni retro-marcia della mia mente e andare avanti verso chi sto torturando con l’assenza, il negarmi scioccamente, questa angosciosa latitanza che non fa per me e che mi sto ritagliando (in-)volontariamente, eppure mi sembra così impalpabile la possibilità di trovare una salvezza nel futuro quando la raggiante salvezza delle sue cosce aperte a me è stata vicinissima… Vicinissima, lontanissima. Il contrasto estremo e tipico che ha accompagnato ogni singolo istante di una conoscenza basata su pilastri che -se solo si potesse riavvolgere almeno quello di nastro vorrei mettere in discussione- ora solamente riesco a vedere chiaramente e a saggiarne la fragilità… La stranezza abissale ed estrema ha avvolto ogni dettaglio, ogni ansa che ha accompagnato il dipanarsi di tutto ciò che (non) è stato, e ora mi sento particolarmente stupido e impotente e frocio e demente nel restare sospeso tra tutto ciò che vorrei e tutto ciò che potrei perdere.

Soundtrack: Florence+The Machine – “Shake It Out”

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“In alto a sinistra.”

«Forse è così. Forse succede che una donna si interrompa, a ventiquattro anni, si lasci andare a un amore tranquillo che le offre una stanza in una città lontana. Ma questo non spiega perché mi fa male il tuo nome, perché ti sei sparso nei nervi e non perdo occasione, non manco un’allusione perché qualcosa mi punga. Perché?»
«Perché non puoi accontentarti di essere da meno, per un uomo, di quello che sei stata per me.»

Erri De Luca

 

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Grazie.

“Grazie.
Anche per tutta la tristezza che hai messo dentro di me.
Era passato troppo tempo dall’ultima volta che qualcuno mi aveva toccato così forte.
Ho scritto molte lettere. Le ho scritte,in tempi diversi, in lingue diverse, ho comprato francobolli di tutte le pezzature. Ho scritto a mano, a macchina, col computer.
Questa volta vorrei provare a scrivere col silenzio. Un silenzio concentrato e fluido. Quel preciso, esatto silenzio che assomiglia all’amore…”
Simona Vinci, In tutti i sensi come l’amore.

 

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Appare evidente che, mentre ero soavemente immerso nella pancia materna, devo aver fatto qualche brutta discussione col Merito.
Fottendomene delle evidenze della vita, che mi schiaffeggia con ineluttabile precisione, ho la tentazione di schivare la traccia di pensiero che finirà invece in questo delirante messaggio.

Eppure, eppure, porca miseria, sembra proprio che io non meriti nulla. Non insegnano che la vita è regolata dal ‘do – ut – des’, proprio no.

Ma CAZZO, ogni tanto, anche solo per rinnovare la fiammella della speranza, per alimentare l’incrollabile fiducia che il mio carattere così incoscientemente testardo continua a sostenere, vedersi recapitare un grammo di riconoscimenti per il Bene (tiè, beccateve sta B maiuscola sbruffoncella) offerto agli altri, sarebbe cosa assolutamente gradita.

Il Bene, proprio lui, non può far nascere sentimenti su terra arida, nè sconvolgere convinzioni opposte alle mie -di illuso-.

Sordo alle verità del vissuto che ho costruito, cieco di fronte all’ammasso di sprezzante superficialità che i rapporti umani mi propinano, continuo imperterrito a sperare. A credere, arrogantemente, di MERITARE.

Meritare cosa, poi!

Sopravvive questa aspirazione innaturale a lauti premi per la paziente ricerca della felicità degli altri soltanto perchè è così poco delineata, incredibilmente distante eppure più seducente delle migliori sirene.

Quando e se si è, periodicamente, concretizzata nei colori e nei profumi di qualcun…a, immediatamente è regredita a mera passionalità maschile, uscendone indebolita e avvelenata. Desiderare una donna ed immaginare di poterla, di doverla avere, anche solo per qualche respiro, perchè le hai dato più che tutto te stesso, è quanto di più idiota un ragazzo possa aspirare a fare/pensare/vivere.

Col desiderio non so che farci, appassisce tra le mie mani appena scopro di essermi avvicinato troppo. E’ radioattivo, e io assorbo le sue diffusive seduzioni.

La sovraesposizione è nemica del merito, atterrisce ogni tentativo di espansività quasi fossero stati separati alla nascita -parenti serpenti-.

L’autocontrollo, la naturalezza riflessiva di chi sa dove mirare le proprie stoccate possono cementificare quella serpeggiante idea – da sfruttare biecamente! – che, beh, forse Michele è veramente una bella persona. Migliore di quanto egli sia in realtà, peggiore delle tue aspettative su di lui, ahimè troppo rosee.

Non sono poi così bravo, gentile, paziente, piacevole, divertente & meritevole.

A volte, sempre più spesso anzi, credo dovrei iniziare a scoprire le bellezze di Miss Disperazione.

Non è una buona idea. Me lo merito, però?

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C’erano cose che volevo dirgli. Ma sapevo che gli avrebbero fatto male. Così le seppellii e lasciai che facessero male a me.

{J.S.Foer}

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Nomen Omen

Soundtrack – And so I Watch You from Afar, “Set Guitars to Kill”.
Il nome e il fulcro di questo post sono nati dall’incalzante melodia del pezzo in questione…. no, non proprio. Dal nome del gruppo sì, però!

Realizzare che li andrò a sentire il 6 novembre e che il nome che si son scelti sia così dannatamente evocativo mi fa pensare all’intricata rete delle insopportabili coincidenze che mi circonda, o che forse mi sforzo di vedere anche dove essa non ci sia.

Perchè non si chiamano, che so, “First Breath After Coma”, oppure “Six Days at the Bottom of the Ocean”, o un qualche altro titolo evocativo del cazzo da brano post-rock e DI brano post-rock? Perchè hanno dovuto scegliere un nome che mi faccia apparire luccicanti lanterne di disgustoso rimpianto intorno alla parola che inizia per “y”?

Andate a fanculo, stronzi!

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