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Archive for aprile 2014

Deliri ripetuti e antichi

La vita non è fatta di teoria, ma di pratica.

E’ necessario smettere di costruirsi mondi cerebrali, idealizzati ed idioti nella loro irrealisticità.

C’è necessità di infilarsi nel mezzo del vissuto e, con ciò, imparare davvero, al di là delle sovrastrutture sciocche ed autoimposte con le quali ci si ottenebra a volte.
Nell’amore per sè stessi non c’è la negazione degli altri, esso ne è, anzi, l’opposto: è attraverso la realizzazione del proprio ruolo in un contesto pubblico, di socialità, di relazioni affettive o di coppia -complete e funzionanti, non monche e ristrette- che si impara davvero a crescere, a vivere.

E’ soffrendo che ci si sveglia, non fuggendo.

Inutile pensare che chi prova a innescare una reazione abbia seconde mire, voglia rubarci la nostra virginalità e scappare col malloppo. Non solo inutile, ma arrogante e demenziale.

ed è un peccato.

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I Miss You So…

[22:27:42] cloudscraper: mi manca tanto
[22:27:44] cloudscraper: che palle
[22:27:44] cloudscraper: CHE PALLE
[22:27:49] cloudscraper: CHE PALLE
[22:27:57] E****  S******: .
[22:34:24] cloudscraper: non lo so se è giusto
[22:34:25] cloudscraper: o sensato
[22:34:28] cloudscraper: però mi manca un sacco
[22:34:40] cloudscraper: perchè eravamo molto dentro le giornate dell’altro.
[22:36:20] E****  S******: io credo sia giusto e sensato, era una cosa profonda
[22:38:59] cloudscraper: mi faceva piacere sapere dove andava, cosa faceva, e lei mi scriveva con affetto, per scacciare la solitudine o la noia o anche solo per dire due cavolate e quando riuscivo a farla sorridere -e sapevo che se mi scriveva donandomi un sorriso è perchè davvero stava sorridendo o ho pensato sempre fosse così- io mi sentivo contento per un bel momento, ogni volta. Ed io facevo lo stesso e lei era sempre pronta, disponibile, contenta ed ogni volta non mancava di dimostrarmi quanto le facesse piacere che io le scrivessi e la cercassi e ci vedessimo. E ora? Niente, zero. Crudeltà.

[22:41:28] E****  S******: senza pietà.

 

Soundtrack: Coldplay, “Warning Sign”

Yeah the truth is
I miss you so
And I’m tired
I should not have let you go
So I crawl back into your open arms

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Che schifo, quando i rapporti finiscono

Che schifo infinito immaginare mesi e mesi ed anni di affetto, tempo speso insieme con piacere sorrisi e gioia, giornate fatte di sguardi e sorrisi e tante parole sincere spontanee e dolci andare a farsi benedire senza possibilità di riscossa, di riparare, di premere il bottone “save” e ricaricare la partita della vita quando uno è più pronto. Che schifo davvero, fa schifo esattamente tanto quanto è piacevole vivere il rapporto mentre è in divenire. E cosa puoi fare se non accettare questo schifo, sopprimere persino la preoccupazione per il malumore dell’altra persona -vojo dì, le vuoi bene, che c’è di strano a preoccuparsi per lei anche DOPO che il rapporto è “andato a male” unilateralmente?- e tentare di andare avanti e ricostruire prima o poi, mesi o settimane o anni dopo, qualcos’altro illudendosi che quello che hai vissuto possa realmente considerarsi superato… superato tanto quanto si può superare qualcuno di fondamentale, qualcuno a cui hai voluto bene o forse hai amato o forse chi lo sa e chissenefrega della definizione esatta? E’ uno SCHIFO.

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Please Say Something

 

Say something, I’m giving up on you
I’ll be the one, if you want me to
Anywhere I would’ve followed you
Say something, I’m giving up on you

And I am feeling so small
It was over my head
I know nothing at all

And I will stumble and fall
I’m still learning to love
Just starting to crawl

Say something, I’m giving up on you
I’m sorry that I couldn’t get to you
Anywhere I would’ve followed you
Say something, I’m giving up on you

And I will swallow my pride
You’re the one that I love
And I’m saying goodbye

Say something, I’m giving up on you
And I’m sorry that I couldn’t get to you
And anywhere I would’ve followed you (Oh-oh-oh-oh)
Say something, I’m giving up on you

Say something, I’m giving up on you
Say something…

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Amare riflessioni

è quasi peggio di silvia l’altra.

Lì eravamo in cima ad una montagna che avevamo scalato, ma nonostante la felicità enorme e strepitosa dell’approcciarsi a certe cose con una persona che mi piacesse tanto quanto lei, io ero ben conscio del fatto che il sentiero fosse molto stretto,sdrucciolevole, e che potessi mettere un piede in fallo o potesse darmi uno spintone lei un po’ più forte del normale.

In questo caso siamo stati in evoluzione reciproca, in costruzione con piacere, intensità, sforzo reciproco con risultati annessi, tangibili e reciproci, vedendoci e cercando spiegazioni e inserimento nel flusso dei pensieri dell’altro faccia a faccia, viso a viso e senza lesinare momenti difficili di conversazione a cuore aperto.

Il biglietto è esattamente la fotografia del momento nel quale ci trovavamo un mese fa…

L’email è come sentirsi dire “No, niente è valso niente, non ne è valsa la pena”.

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Mannaggia alla miseria

Ho talmente bisogno di te che non so nemmeno chiedertelo.

– R. Bradbury. [ Fahrenheit 451 ]

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Le aspettative.

io mi  aspettavo che restasse, che ci fosse
e anche in questo, ho fallito

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La bellezza cruenta rossissima e splendente dei tuoi denti sporgenti ancora mi fa un male terrificante, dopo tutti questi mesi.

Tanti mesi, pochi anni, meraviglia del tempo che dovrebbe curare tutto ma invece è soltanto una mera cicatrice pronta a schizzar sangue di punto in bianco.

Gli abbandoni mi lasciano sul lastrico e mi riportano alla mente le sequenze già vissute di distacchi forzati, non voluti e drammatici come quello con te, rossa dea della perdizione del piacere leggero e sorridente.

Non si impara a perdere persone, a veder fallire rapporti costruiti con impegno, passione, dedizione e il massimo della sincerità.

Non si impara, io non imparo almeno, e forse a questo punto mai imparerò, ma di certo ho insegnato con fatica a me stesso a guardarmi dietro il meno possibile, esattamente l’indispensabile, esattamente quel che è sufficiente per stare male, sempre male, ma di quel male che ti permette ancora di sorridere, sopportare la vita, e risponder “bene” quando mi chiedono come sto.

Stasera decido di digitare il tuo nome e cognome su Facebook, e mi immergo in due anni ed un mese fatti di nessun contatto con te, e scopro mostre ed allievi e vestiti ed acconciature ed esposizioni in giro per l’italia e quadri su quadri e mi incanto a guardarli e passano i minuti in questa sera qualsiasi, una sera qualsiasi che mi riporta indietro e mi massacra dolcemente e mi prende in mano il cuore.

Cuore nero, cuore tuo, cuore di chi?

Cuore sospeso, cuore incompiuto, cuore pesante che non riesce mai a sputare fuori le immense sensazioni delle quali si alimenta, da cui io stesso vorrei bere e che, da te in poi, sono rimaste soltanto vive “in potenza”, mai estrinsecate dentro un rapporto, mai pulsanti e sempre presenti.
Se ci fosse una ricetta magica per imparare a vivere con leggerezza e senza rimpianti infilandosi dentro le mutande delle signorine ma restando nei miei abiti, nei miei habits e nei miei averi la vorrei sottopelle qui ed ora, oggi più che mai, oggi e sempre perchè oggi mi sento ancor più nudo della mia prima volta che mi sono spogliato con te, di fronte a te, ridendo e vedendoti ridere ed immergendomi nella magia unica irripetibile e mai avvicinata del tuo sorriso bianchissimo. Iniettamela sottopelle a distanza, inviamela dentro una parola, dentro un’emozione, fottimi il cervello finchè non possa più torturarmi con questo suo infinito vagare in mezzo a cadute, inseguimenti, risalite, esaltazioni e trappole, calore e candore, soffocamento e respiri d’aria pulita vani e stronzi.

Vaffanculo a te, ancora e più che mai, vaffanculo alla tua bellezza, vaffanculo alle tue fossette, vaffanculo alle tue lentiggini, vaffanculo alla tua perfezione, vaffanculo al “togliti gli occhiali, non voglio che noti i miei difetti!”, vaffanculo alle tue gambe, vaffanculo ai tuoi piedini, vaffanculo ai tuoi capelli, vaffanculo ai tuoi <non voglio>, vaffanculo ai tuoi <non oggi>, vaffanculo ai tuoi sogni che non erano i miei sogni, vaffanculo a me che ti ho amato e ti amo ancora e forse ti amerò sempre e mai più di adesso e di ogni addio, vaffanculo al tuo ricordo che mi assale soprattutto e soltanto quando tocco il fondo e spingo coi piedi per risollevarmi, vaffanculo alla mia maledetta voglia di stringerti, mangiarti, stuprarti le labbra, mangiarti la fica e saziarmi dentro di te con te e di te, vaffanculo all’istinto predatore dell’uomo che mi disgusta ogni santissima volta che lo vivo addosso.

E, più di ogni altra cosa, ma dopo ogni altra cosa, vaffanculo, vaffanculo Silvia, vaffanculo al tuo nome.

Let me out of this hell when you’re around…

Canta Damien, mortacci sua. Vaffanculo anche a lui, perchè no?

Il mio inferno ti sente presente, vicina ed intorno a me anche se non ci sei più, se non ci sei più stata e se hai mantenuto il distacco con una dignità ed un rispetto invidiabili. Sento il tuo profumo negli altri, vedo il tuo sguardo negli sguardi delle donne del mondo, sento il tuo sorriso riecheggiare in quello di altre persone, e ne esco ogni giorno più debole, più sciocco, più fallito. Anche per questo, vaffanculo: vaffanculo alla tua mancanza di falle, vaffanculo alla tua intoccabilità, vaffanculo al tuo ritegno (sdegno?).

Quanto vorrei che tu fossi qui e ridessi di queste mie parole?

 

Soundtrack – Damien Rice, “Rootless Tree”

What I want from this
Is learn to let go
No not of you
Of all that’s been told

 

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Ciò di cui ho bisogno è sangue

 

 

What I give to you is just what I’m going through
This is nothing new, no, no just another phase of finding
what I really need is what makes me bleed

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