La bellezza cruenta rossissima e splendente dei tuoi denti sporgenti ancora mi fa un male terrificante, dopo tutti questi mesi.
Tanti mesi, pochi anni, meraviglia del tempo che dovrebbe curare tutto ma invece è soltanto una mera cicatrice pronta a schizzar sangue di punto in bianco.
Gli abbandoni mi lasciano sul lastrico e mi riportano alla mente le sequenze già vissute di distacchi forzati, non voluti e drammatici come quello con te, rossa dea della perdizione del piacere leggero e sorridente.
Non si impara a perdere persone, a veder fallire rapporti costruiti con impegno, passione, dedizione e il massimo della sincerità.
Non si impara, io non imparo almeno, e forse a questo punto mai imparerò, ma di certo ho insegnato con fatica a me stesso a guardarmi dietro il meno possibile, esattamente l’indispensabile, esattamente quel che è sufficiente per stare male, sempre male, ma di quel male che ti permette ancora di sorridere, sopportare la vita, e risponder “bene” quando mi chiedono come sto.
Stasera decido di digitare il tuo nome e cognome su Facebook, e mi immergo in due anni ed un mese fatti di nessun contatto con te, e scopro mostre ed allievi e vestiti ed acconciature ed esposizioni in giro per l’italia e quadri su quadri e mi incanto a guardarli e passano i minuti in questa sera qualsiasi, una sera qualsiasi che mi riporta indietro e mi massacra dolcemente e mi prende in mano il cuore.
Cuore nero, cuore tuo, cuore di chi?
Cuore sospeso, cuore incompiuto, cuore pesante che non riesce mai a sputare fuori le immense sensazioni delle quali si alimenta, da cui io stesso vorrei bere e che, da te in poi, sono rimaste soltanto vive “in potenza”, mai estrinsecate dentro un rapporto, mai pulsanti e sempre presenti.
Se ci fosse una ricetta magica per imparare a vivere con leggerezza e senza rimpianti infilandosi dentro le mutande delle signorine ma restando nei miei abiti, nei miei habits e nei miei averi la vorrei sottopelle qui ed ora, oggi più che mai, oggi e sempre perchè oggi mi sento ancor più nudo della mia prima volta che mi sono spogliato con te, di fronte a te, ridendo e vedendoti ridere ed immergendomi nella magia unica irripetibile e mai avvicinata del tuo sorriso bianchissimo. Iniettamela sottopelle a distanza, inviamela dentro una parola, dentro un’emozione, fottimi il cervello finchè non possa più torturarmi con questo suo infinito vagare in mezzo a cadute, inseguimenti, risalite, esaltazioni e trappole, calore e candore, soffocamento e respiri d’aria pulita vani e stronzi.
Vaffanculo a te, ancora e più che mai, vaffanculo alla tua bellezza, vaffanculo alle tue fossette, vaffanculo alle tue lentiggini, vaffanculo alla tua perfezione, vaffanculo al “togliti gli occhiali, non voglio che noti i miei difetti!”, vaffanculo alle tue gambe, vaffanculo ai tuoi piedini, vaffanculo ai tuoi capelli, vaffanculo ai tuoi <non voglio>, vaffanculo ai tuoi <non oggi>, vaffanculo ai tuoi sogni che non erano i miei sogni, vaffanculo a me che ti ho amato e ti amo ancora e forse ti amerò sempre e mai più di adesso e di ogni addio, vaffanculo al tuo ricordo che mi assale soprattutto e soltanto quando tocco il fondo e spingo coi piedi per risollevarmi, vaffanculo alla mia maledetta voglia di stringerti, mangiarti, stuprarti le labbra, mangiarti la fica e saziarmi dentro di te con te e di te, vaffanculo all’istinto predatore dell’uomo che mi disgusta ogni santissima volta che lo vivo addosso.
E, più di ogni altra cosa, ma dopo ogni altra cosa, vaffanculo, vaffanculo Silvia, vaffanculo al tuo nome.
Let me out of this hell when you’re around…
Canta Damien, mortacci sua. Vaffanculo anche a lui, perchè no?
Il mio inferno ti sente presente, vicina ed intorno a me anche se non ci sei più, se non ci sei più stata e se hai mantenuto il distacco con una dignità ed un rispetto invidiabili. Sento il tuo profumo negli altri, vedo il tuo sguardo negli sguardi delle donne del mondo, sento il tuo sorriso riecheggiare in quello di altre persone, e ne esco ogni giorno più debole, più sciocco, più fallito. Anche per questo, vaffanculo: vaffanculo alla tua mancanza di falle, vaffanculo alla tua intoccabilità, vaffanculo al tuo ritegno (sdegno?).
Quanto vorrei che tu fossi qui e ridessi di queste mie parole?
Soundtrack – Damien Rice, “Rootless Tree”
What I want from this
Is learn to let go
No not of you
Of all that’s been told
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